Questa poesia la dedichiamo al XXV Aprile.
Il giorno dopo, sì, il giorno dopo.
Per renderne viva la memoria, ogni giorno.
Viva, a chi non l'ha voluta ricordare
viva, a coloro che l'hanno abbandonata.
…E dai campi, ormai violetti,
viene una luce che scopre anime,
non corpi, all'occhio che più crudo
della luce, ne scopre la fame,
la servitù, la solitudine.
Anime che riempiono il mondo,
come immagini fedeli e nude
della sua storia, benché affondino
in una storia che non è più nostra.
Con una vita di altri secoli, sono
vivi in questo: e nel mondo si mostrano
a chi del mondo ha conoscenza, gregge
di chi nient'altro che la miseria conosca.
Sono sempre stati per loro unica legge
odio servile e servile allegria: eppure
nei loro occhi si poteva leggere
ormai un segno di diversa fame – scura
come quella del pane, e, come
quella, necessaria.
Una pura
ombra che già prendeva nome
di speranza: e quasi riacquistato
all'uomo, vedeva il meridione,
timida, sulle greggi rassegnate
di viventi, la luce del riscatto.
Ma ora per queste anime segnate
dal crepuscolo, per questo bivacco
di intimiditi passeggeri,
d'improvviso ogni interna luce, ogni atto
di coscienza sembra cosa di ieri.
Nemico è oggi questa donna che culla
la sua creatura, a questi neri
contadini che non ne sanno nulla,
chi muore perché sia salva
in altre madri, in altre creature,
la loro libertà.
Chi muore perché arda
in altri servi, in altri contadini,
la loro sete anche se bastarda
di giustizia, gli è nemico.
Gli è nemico chi straccia la bandiera
ormai rossa di assassini,
e gli è nemico chi, fedele,
dai bianchi assassini la difende.
Gli è nemico il padrone che spera
la loro resa, e il compagno che pretende
che lottino in una fede che ormai è negazione
della fede.
Gli è nemico chi rende
grazie a Dio per la reazione
del vecchio popolo, e gli è nemico
chi perdona il sangue in nome
del nuovo popolo.
Restituito
è così, in un giorno di sangue,
il mondo a un tempo che pareva finito:
la luce che piove su queste anime
è quella, ancora, del vecchio meridione,
l'anima di questa terra è il vecchio fango.
Se misuri nel modo, in cuore, la delusione
senti ormai che essa non conclude
a nuova aridità, ma a vecchia passione.
* P.P.Pasolini: "La Terra di Lavoro" da: Le ceneri di Gramsci, 1956.
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