giovedì 26 aprile 2018

XXV Aprile, il giorno dopo

Questa poesia la dedichiamo al XXV Aprile.

Il giorno dopo, sì, il giorno dopo.
Per renderne viva la memoria, ogni giorno.

Viva, a chi non l'ha voluta ricordare
viva, a coloro che l'hanno abbandonata.

Ancora più viva, a chi non l'ha mai conosciuta.

…E dai campi, ormai violetti,
viene una luce che scopre anime, 
non corpi, all'occhio che più crudo 
della luce, ne scopre la fame, 
la servitù, la solitudine.

Anime che riempiono il mondo, 
come immagini fedeli e nude 
della sua storia, benché affondino 
in una storia che non è più nostra.

Con una vita di altri secoli, sono 
vivi in questo: e nel mondo si mostrano 
a chi del mondo ha conoscenza, gregge
di chi nient'altro che la miseria conosca.

Sono sempre stati per loro unica legge 
odio servile e servile allegria: eppure 
nei loro occhi si poteva leggere 
ormai un segno di diversa fame – scura
come quella del pane, e, come
quella, necessaria. 

Una pura 
ombra che già prendeva nome 
di speranza: e quasi riacquistato 
all'uomo, vedeva il meridione, 
timida, sulle greggi rassegnate 
di viventi, la luce del riscatto.

Ma ora per queste anime segnate 
dal crepuscolo, per questo bivacco
di intimiditi passeggeri, 
d'improvviso ogni interna luce, ogni atto
di coscienza sembra cosa di ieri.

Nemico è oggi questa donna che culla
la sua creatura, a questi neri 
contadini che non ne sanno nulla, 
chi muore perché sia salva 
in altre madri, in altre creature,
la loro libertà. 

Chi muore perché arda
in altri servi, in altri contadini, 
la loro sete anche se bastarda 
di giustizia, gli è nemico.

Gli è nemico chi straccia la bandiera 
ormai rossa di assassini, 
e gli è nemico chi, fedele, 
dai bianchi assassini la difende.

Gli è nemico il padrone che spera 
la loro resa, e il compagno che pretende
che lottino in una fede che ormai è negazione
della fede. 

Gli è nemico chi rende 
grazie a Dio per la reazione 
del vecchio popolo, e gli è nemico
chi perdona il sangue in nome
del nuovo popolo. 

Restituito 
è così, in un giorno di sangue,
il mondo a un tempo che pareva finito: 
la luce che piove su queste anime 
è quella, ancora, del vecchio meridione, 
l'anima di questa terra è il vecchio fango.

Se misuri nel modo, in cuore, la delusione
senti ormai che essa non conclude 
a nuova aridità, ma a vecchia passione.

* P.P.Pasolini: "La Terra di Lavoro" da: Le ceneri di Gramsci, 1956.

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