Martedì 28 aprile è la giornata mondiale delle vittime dell’amianto, un’occasione per riflettere su un problema al quale noi di SdS riserviamo da sempre grande attenzione. Anche se l’Italia è stata uno dei primi Paesi al mondo che ha legiferato sulla materia, proibendone la produzione e la vendita, molti anni fa (legge 27/3/1992, n. 257), l’eredità dei precedenti decenni resta una desolante piaga, che ogni anno presenta un conto sempre più salato.
È difficile prevedere quando la curva delle vittime raggiungerà l’apice per poi ridiscendere, perché -ad esempio- il mesotelioma pleurico (una delle devastanti patologie che provoca l'amianto) è una malattia dal decorso lunghissimo: anche quaranta gli anni di latenza del “polverino” nei polmoni.
Ma la vera spada di Damocle, che incombe sulla testa di tutti, è che nessuno può dirsene immune. Intere generazioni di studenti sono cresciute frequentando asili, scuole, palestre e atenei costruiti o ristrutturati con l’amianto, fra gli anni sessanta e ottanta. Qualcuno ha addirittura giocato, corso, nei prati e nei cortili delle città e delle periferie di allora, vivendo inconsapevole, accanto a tetti, tubi dell'acqua di cemento-amianto, pannelli d'isolamento o detriti abbandonati: tutti materiali con probabili e gravi presenze di amianto.
Operai, impiegati, manovali, muratori, artigiani, hanno lavorato in ambienti in cui erano presenti manufatti contenenti amianto, ignari del grave pericolo. Qualcuno ha lavorato questo materiale con poche o nessuna protezione e senza consapevolezza delle sue insidie.