domenica 23 novembre 2014

"Io rispetto le donne e così mi sento un uomo"

Il 25 novembre si celebra in tutto il mondo la  Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne
Una giornata non scelta a caso. 
Una giornata (come già scritto in un precedente post), in cui si ricordano tre donne impegnate contro una spietata dittatura nella Repubblica Dominicana, violentate e assassinate selvaggiamente, il 25 novembre 1960, ben 54 anni fa, la riflessione e il rammarico che scaturiscono spontanei, ricordando questo triste episodio, è che dopo tutti questi anni poco o nulla è cambiato: le donne continuano ancora a morire così, per mano di uomini senza scrupoli.
Una giornata che non può avere un significato a caso.
Una giornata, in cui bisogna fare e lavorare su e con gli uomini, noi sappiamo bene che prima o poi, qualsiasi donna nella sua vita, si dovrà confrontare con l'argomento ed ora più che mai nasce l’esigenza e la necessità di rivolgersi agli uomini per contrastare la violenza di genere, perché questo oramai è diventato patrimonio condiviso, o almeno lo vogliamo sperare per cercare una via d’uscita e  per esigere rispetto.
Ecco quindi la frase che ho letto in questi giorni e che qui voglio sottolineare, e che ogni uomo dovrebbe fare sua: “IO RISPETTO LE DONNE E COSI’ MI SENTO UN UOMO”.

Una giornata che dovrebbe sensibilizzare e informare, far pensare e riflettere su una vera e propria emergenza sociale, che conta milioni di vittime al femminile in tutto il mondo e anche in casa nostra. 
Un giornata che sarà l’occasione per iniziative in tutta Italia, in cui si parlerà di "Femminicidio" e "violenza di genere".
“Femminicidio” si, che è una vera e propria mattanza: si stima che ogni due giorni e mezzo una donna viene uccisa, quasi sempre da qualcuno che dichiara di amarla. 
Un dato agghiacciante, che sconfessa la presunzione della cultura del nostro secolo caratterizzata da un forte umanesimo.
Ad essere uccise sono le nostre madri, figlie, sorelle, amiche, vicine, conoscenti; con la carnagione bianca, gialla, rossa, nera; di religione cattolica, protestante, musulmana, buddista, oppure atee; donne sposate, nubili, fidanzate; donne giovani e meno giovani, adolescenti e bambine.

DONNE! Donne! Donne insomma! Ciascuna con la propria storia di violenza e di morte. Loro hanno sicuramente pagato il prezzo più alto che si poteva sborsare, per aver difeso la libertà d’essere individuo, persona, prima che donna, ma altre ancora continuano a pagare la loro condizione d'essere "femmine”. 
E’ sconcertante che il tempo, le esperienze del passato, la storia, le sofferenze, poco hanno insegnato, prevale sempre ancora l'istinto violento dell'uomo sull’uomo, le violenze non si fermano, la situazione non cambia, le donne continuano ad essere assassinate, nel mondo ma anche in Italia. Le donne continuano a subire maltrattamenti, stupri, vessazioni psicologiche, stalking, mutilazioni sessuali per ridurle a banali fattrici, senza poter provare piacere sessuale, vengono così usate e rese utili solo alla procreazione selvaggia, in paesi dove le morti infantili sono all'ordine del giorno e per gli uomini, i figli sono solo una risorsa in più da mandare a morire in guerra.
Poi per indotta ignoranza o per volontà di chi comanda, vengono tenute lontano o all'oscuro da qualsiasi mezzo anticoncezionale, per cui sono alla mercé di infezioni e malattie gravissime (AIDS, malattie veneree, in ultimo l'aberrante EBOLA, che in Africa sta facendo strage e tanto preoccupa il mondo intero), vengono private del loro viso, del loro dolce sguardo e della loro bellezza, perché sfigurate con l'acido per punirle a vita, vengono costrette a coprirsi i capelli, a nascondere il loro corpo, vengono private del gioco e dell'infanzia, perché date in sposa ancora bambine, vengono rapite in nome di un Dio crudele e tenute a disposizione delle voglie sessuali di eserciti spietati, come bottino di guerra, tenute nell'ignoranza, senza istruzione, per plagiarle meglio e costringerle all'obbedienza, punite con il carcere duro, se vogliono assistere ad una partita di volley mondiale o mandate a morte, lapidate o impiccate, se hanno ucciso un uomo per difendersi da un tentato stupro.
Le violenze contro le donne, insieme ad altri numerosi crimini, vengono utilizzate spesso per distruggere psicologicamente la popolazione femminile e spezzare ogni possibile reazione. Questo genera silenzi, omertà, coperture, vergogna, assuefazione, auto-convincimento che è giusto così, anche in nome dell’amore……. in fondo……in fondo è così da sempre, ………m’ama, o non m’ama.
Infatti, in alcuni paesi del mondo lo stupro è usato come un mezzo per terrorizzare la popolazione e il numero dei casi aumenta ad ogni nuovo scoppio di guerre, combattimenti e attacchi. Se le giovani sotto i 18 anni sono particolarmente esposte (quasi il 40% dei casi), il gruppo più colpito è quello delle donne tra i 19 e i 45 anni (53,6%). Sono spesso donne umili, che lavorano nei campi per potere mantenere le loro famiglie. Gli atti di aggressione contro di loro, hanno luogo principalmente in campi isolati ma anche lungo le strade percorse per arrivarvi. Di conseguenza, le donne limitano i loro spostamenti, si adeguano e quasi, quasi accettano la loro sorte, le madri preferiscono alloggiare nelle immediate vicinanze dei centri di aiuto delle associazioni umanitarie, nei campi profughi, invece di tornare ai loro villaggi e ogni settimana viaggiare da sole per tornare a prendere le razioni di cibo per i loro bambini. 
Ma anche li non sono mai protette, sicure, vivono con la paura costante che le accompagna quotidianamente: purtroppo hanno spesso una realtà ancora più grande da combattere, la fame.
E da noi in occidente, il peso psicologico è ugualmente pesante, occorre imparare sin da piccole a riconoscere “il mostro”, a mettere in atto tutti quei meccanismi di difesa, vedo e non vedo, evito certi ambienti, esco la sera accompagnata, mi fido ma non troppo, insomma resto sempre allerta e purtroppo non basta, spesso i luoghi ritenuti sicuri, si rilevano delle gabbie di tortura e di morte.

Anche l’uso del corpo femminile per vendere prodotti e predisporre schemi, mode, taglie, miti da copiare che ci propinano e che se non segui ti fanno sentire tagliato fuori dal gioco della vita, dove vedi casalinghe perfette che in casa, truccate vestite alla moda  e mai in ciabatte, attendono l’aiuto indispensabile di un genio del pulito tutto muscoli, questa è violenza bella e buona, psicologica però, è violenza non valorizzare l’individualità e l’unicità dell’essere se stesse, mi viene in mente la pubblicità di una supposta effervescente, che risveglia l’intestino quando non vai in bagno,  per il lancio della quale, guarda un po’, è stato usato un nome che gioca con doppio senso, col nome femminile Eva……..Q, dove una stangona in tuta bianca e attillata con voce femminile sensuale ed appagante si rivolge ad un’altra donna e recita: “Mi chiamo Q, EvaQ, perché mi affidano le missioni più difficili? Perché agisco rapidamente!
Perché hanno scelto due donne per questa pubblicità?.............Forse perchè sembriamo più stupide e ci facciamo abbindolare meglio? Immagino che questi prodotti abbiano la loro utilità, ci mancherebbe, ma io vedo l’ennesima sottile strumentalizzazione. 
Ma che vivere è questo……………… 

E allora? E allora, protestiamo, manifestiamo con la marcia silenziosa delle “scarpe rosse” che è diventata un simbolo di dissenso e di informazione in tutto il mondo. Usiamo il colore rosso, “scarpe rosse”:da sempre considerate il simbolo di una femminilità gioiosa, che ciascuna donna ha voluto, vorrebbe, e vuole esprimere liberamente, senza costrizioni (la danza incontrollata delle scarpette nella favola di Andersen) e che invece sempre più spesso e senza ritegno si sceglie di uccidere. 
“Scarpe rosse”: strappate dal piede di chi avrebbe potuto portarle e che invece è stata ammazzata. 
“Scarpe rosse” che con la loro vuotezza urlano tutto lo strazio, la vergogna, la paura e la condanna di chi non può e non vuole far finta di non vedere.

Rossella di SdS

#vitadiunadonnaqualunque 




PS.Leggete poi quest’articolo, sembra di essere tornati al medioevo dove si aveva paura delle donne e si mandavano al rogo.

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