sabato 20 maggio 2017

Uno, nessuno, dieci o trentatré ?

Ecco i numeri di cui si parla in questi giorni in materia di immigrati. Ma il numero è importante e fa la differenza. Anche il sindaco di Sedriano si sta occupando -in questo periodo- di rispondere alla richiesta della Prefettura di Milano per confermare l’accordo ANCI/ MINISTERO DEGLI INTERNI finalizzato ad ospitare nei comuni della città metropolitana un numero X di immigrati (2,5 immigrati ogni 1000 abitanti). 

Alla notizia di questo probabile arrivo, che pare non ci sarà, in quanto l'amm.ne comunale non intende sottoscrivere l'accordo, si sono sprecati numerosi commenti del tipo: "E' un'invasione. Dove li mettiamo? Li dobbiamo anche mantenere? Portano via posti di lavoro, sono tutti delinquenti, stupratori e portatori di malattie, noi qui non li vogliamo e altro ancora.

 Naturalmente, le opinioni sono spesso solo parole e debbono essere rispettate, ma i fatti -che sarebbe meglio conoscere-  sono altra cosa. Di fronte a persone che rischiano la vita per fuggire da guerra, fame, sfruttamento e povertà non è onesto rimanere indifferenti. Spesso le soluzioni sono complesse ed è difficile trovare quella più adatta, ma è necessario occuparsene, per dare una mano a queste famiglie. L'accoglienza potrebbe rivelarsi una risorsa, rinunciando -da parte nostra- a poche cose. Occorre sempre pensare che gli immigrati  non vengono nel nostro paese per fare una vacanza, una gita o una crociera sul mare, ma spesso cercano solo di sopravvivere. 

L’Italia oggi è il “sogno” - avveratosi per alcuni  - di molti immigrati provenienti dai paesi più poveri dell’Europa e del mondo. A volte è solo la porta d'ingresso per un viaggio assai più lungo, un passaggio, con lo scopo finale di congiungersi ad altri parenti, già emigrati in precedenza.

In passato però non è sempre stato così, il "sogno" non esisteva e dovremmo ricordarcene più spesso. Anche molti italiani -nostri parenti- all’inizio del secolo scorso, sono stati protagonisti dei più grandi flussi migratori della storia tra Ottocento e Novecento. Infatti, l’arretratezza agricola di allora, spinse migliaia di lavoratori, che vivevano in situazioni precarie, ad abbandonare la penisola alla ricerca di una vita e un futuro altrove.  Sono motivazioni molto simili a quelle che spingono i migranti d'oggi, ad affrontare in mare pericolosi viaggi della morte.

Circa undici milioni di italiani, dopo l’Unità d'Italia, si avventurarono oltreoceano con vecchie navi, dirigendosi verso i Paesi dell’America Latina, Brasile e Argentina, perché in quei Paesi vi erano abbondanti territori incolti da trasformare in campi adatti all’agricoltura e all’allevamento. C’era quindi una forte richiesta di manodopera da sfruttare a basso costo e poche pretese. Questa vergogna esiste ancora oggi da noi nel meridione dove, tra caporalato e schiavitù, si sfruttano queste persone affamate , per la raccolta stagionale degli ortaggi e della frutta. E’un lavoro – sia chiaro - ma nessuno di noi  si sognerebbe mai di farlo, per il misero compenso e i massacranti orari di lavoro.

A partire dal 1890, l’Italia fu investita da un secondo grande flusso migratorio, conosciuto come “new migration”. Gli Stati Uniti, che in quegli anni stavano vivendo una crescita economica senza pari nella loro storia, furono, la principale meta per circa quattro milioni di italiani, soprattutto uomini adulti, provenienti dal sud Italia.

Il vero intento dei migranti, valigia di cartone legata con lo spago, era quello di fare fortuna all’estero e di inviare i soldi guadagnati in patria per alleggerire le situazioni di crisi familiare, cosa comune a molti che vivevano in Italia in quegli anni. Il denaro proveniente dall’estero, le cosiddette “rimesse” aiutò molto il paese. Questo piccolo “benessere”, contribuì alla possibilità di estinguere i debiti contratti con altri Paesi e permise l’acquisto di utili materie prime.

L’emigrazione, per questi motivi, fu allora appoggiata da numerose forze politiche che vedevano in essa un’ottima occasione per i contadini d'uscire dalla miseria e contribuire a risollevare l’economia dell’intera penisola. Probabilmente contribuì anche al desiderio di imparare a leggere e scrivere che nasceva in un paese dove l'analfabetismo era molto diffuso.

Nei momenti storici drammatici alcune persone approfittarono delle sciagure altrui; l'esodo Italiano ed Europeo verso le Americhe fu così imponente, che il finanziamento a credito del viaggio transoceanico divenne fonte di arricchimento per individui di pochi scrupoli. Situazione analoga che si ripete anche oggi, con il traffico di esseri umani nei barconi che attraversano il mediterraneo.

Migliaia di persone, vendettero casa, vigna, asino, tutto quello che avevano, taglieggiati e raggirati in patria, prima da paesani faccendieri poi dagli agenti di emigrazione. Alcuni di loro appena giungevano negli Stati Uniti d'America, venivano accolti da altri criminali e con carri merci o per il bestiame, trasportati fino ad alcune località del West America finendo praticamente schiavi dei loro "padroni" a lavorare nelle miniere: in questi luoghi esplosioni e crolli causarono un’ecatombe di vite umane, dal numero imprecisato, perchè neanche un terzo dei minatori era registrato. Da un'inchiesta del 1897 a Chicago, risultò che il 22 % degli immigrati italiani lavorava per un “padrone”.

Oltre alla vendita o all'ipoteca delle proprietà, il principale strumento di finanziamento furono i "prepaids" inviati dai parenti a dagli amici pionieri. Milioni di Italiani furono attirati in America dalle lettere dei loro congiunti che spesso, contenevano i biglietti prepagati del viaggio, che fungevano da propaganda all'esodo verso l'America; lettere che in popolazioni ridotte alla fame venivano condivise insieme al gruppo, nelle comunità, nelle case, a volte nelle piazze, a volte attendibili, a volte no: in ogni caso era veicolo di propaganda all'emigrazione di massa dai nostri territori.

Gli Italiani già da tempo residenti negli Stati Uniti, gestivano il collocamento degli immigrati, quasi sempre sfruttando i propri connazionali. Giocando sull'ignoranza della lingua e del funzionamento della società statunitense, esigevano quote dei salari per il lavoro che procacciavano. Il gruppo di sfruttatori era vasto e variopinto: agenti dell'immigrazione, sub agenti, impiegati comunali, notai, padroni, strozzini.

Questo flusso migratorio terminò con lo scoppio della prima guerra mondiale ma riprese con la crisi che fece cadere l’intera Europa nel baratro. Cessò poi definitivamente, quando la voglia di mantenere il benessere raggiunto fino ad allora negli USA, alimentò la diffusione della xenofobia -la paura del diverso- che spinse il governo statunitense ad attuare provvedimenti che limitassero l’entrata di italiani e di altri europei nel territorio americano.

Con la fine della seconda guerra mondiale, l’ondata migratoria coinvolse nuovamente l’Italia meridionale e insulare e le mete ambite furono i Paesi dell’Europa. All’inizio gli italiani vennero attratti dagli alti salari che offriva il Belgio, successivamente si spostarono in Germania e in Svizzera, dove c’era una forte richiesta di manodopera nelle industrie metalmeccaniche.

La migrazione  verso l’estero cessò negli anni Sessanta, quando in Italia ci fu il boom economico che fece nascere, nel nord Italia, piccole e medie industrie che, per funzionare, avevano bisogno di operai. Iniziò così una forte migrazione interna, che “obbligò” i contadini e i braccianti del sud ad abbandonare il Meridione, povero, arretrato e ad economia agricola, a trasferirsi al Nord in cerca di lavoro e di una vita più dignitosa, contribuendo allo sviluppo dell’intera Nazione. I nostri nonni (perché moltissimi di noi  non hanno certamente origini del nord) ricordano ancora i cartelli discriminanti  e vergognosi esposti sui portoni,  dove veniva scritto: " non si affitta ai meridionali". 

Va ricordato che, soprattutto all'inizio del grande esodo, gli Italiani furono oggetto, oltre che di sfruttamento anche di numerosi episodi di violenza e xenofobia. I braccianti Italiani, come quelli africani o dell'Europa dell'Est oggi in Italia, accettavano paghe più basse dei locali pur di lavorare, ci furono a causa di questo clima di intolleranza e malcontento vere e proprie stragi ed episodi di pestaggi o omicidi singoli. La storia dell'emigrazione è costellata da tragedie individuali e collettive, incidenti sul lavoro, stragi di uomini, sfruttamento e persino schiavismo. Si veniva accusati di importare la mafia, il brigantaggio, la violenza veniva indicata quindi come un prodotto di importazione, connaturato alla cultura e alla tradizione degli immigrati Italiani.

Lavorare per un “padrone” fu il destino di molti emigranti; ciò implicava il versamento di una tangente per ottenere un lavoro, l'abitazione, oltre all'obbligo di acquistare le merci in uno spaccio indicato.

In Brasile ad esempio, la manodopera degli emigranti Italiani sostituì in buona parte quella prestata fin allora dalle persone usate come schiavi: in quanto bianco e cattolico l'immigrato italiano era trattato diversamente dagli schiavi di colore, ma la qualità della vita effettiva era di poco superiore, e poi le condizioni di lavoro difficili, la mentalità schiavista di molti proprietari terrieri portarono il Governo Italiano a proibire l'emigrazione in Brasile con il Decreto Prinetti del 1902. La presenza Italiana era così forte da generare conflitti con i brasiliani di altra provenienza. Gli Italiani venivano considerati commercianti disonesti, al punto da definirli e chiamarli "carcamano" dal gesto di calcare la mano, alterando il peso misurato dalla bilancia.

Come appellativo dispregiativo verso gli italiani negli Stati Uniti venivano usati anche epiteti come "dago" e "wop" ( che significava: Italiano o straniero dalla pelle scura, usato in senso dispregiativo anche per Portoghesi, Spagnoli e Messicani).

I siciliani erano inseriti nel censimento del 1911 come "non white", non bianchi, di pelle scura e comunque le statistiche censivano separatamente gli Italiani del Nord e quelli del Meridione come appartenenti a due razze diverse: una "celtica" e  l'altra mediterranea. Gli Italiani del Meridione erano accusati di essere sporchi, rumorosi, arretrati come qualità della vita e nelle relazioni interpersonali, e di praticare rituali religiosi primitivi, di trascurare l'istruzione dei figli e di costringere in una condizione di assoluta subordinazione la donna all'interno della famiglia.

Tutto questo fa riflettere e pensare che ai giorni d’oggi non sta succedendo nulla di nuovo. Gli immigrati d’oggi, ricordano molto da vicino quello che sono stati molti nostri parenti nel passato. Queste situazioni - col tempo – si sono trasformate e da una forte primitiva intolleranza, sono diventate la forza di tante comunità e nazioni.

Questo fa comprendere che l’accoglienza e l’integrazione sono una risorsa da non combattere.  Va fatto ogni sforzo e cercata ogni possibile soluzione per dare una mano a queste persone in cerca d’aiuto. 

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