E’ una “riforma” prodotta da un Parlamento eletto con la legge elettorale chiamata Porcellum che è stata dichiarata incostituzionale (sentenza 1/2014).
Patto del Nazareno (18 gennaio 2014); tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi regnava una profonda sintonia e venivano calendarizzate “le riforme” insieme a una nuova legge elettorale il cosiddetto: Italicum. Di lì a poco, Enrico Letta “presentava” le dimissioni e Matteo Renzi, il 21 febbraio 2014, diventava presidente del Consiglio.
Difficile credere adesso a chi dice di sostenere il NO ma è stato artefice di queste scellerate proposte! E’ chiaro che la contrarietà è solo strumentale e ha come obiettivo mandare a casa il Governo Renzi e non di difendere la Costituzione e gli interessi del Paese. Ma attenzione! La posta in gioco è molto alta e ne pagheremo le conseguenze per lungo tempo! La Costituzione è per tutti noi garanzia di Libertà, equilibrio tra i poteri e Giustizia. Non crediamo a chi dice che è vecchia e superata. Non è nemmeno da considerare intoccabile (ricordiamo a questo proposito che dal febbraio 1963 all’aprile 2012, le leggi che hanno apportato modifiche sono state 16). Le modifiche e le nuove leggi elettorali dovrebbero essere largamente condivise dalle forze politiche e dai cittadini e non imposte con la fiducia, canguri, super canguri e altro!
Le nuove riforme proposte il 4 dicembre, insieme all’Italicum, sono una vera e propria abbuffata per appetiti di comando, sottraendone ai cittadini la sovranità. Un accentramento di autorità che riduce fortemente gli equilibri dei poteri costituzionali rispetto a quelli contemplati dalla nostra equilibrata Costituzione.
Con la modifica dell’art. 71 si propone alle leggi di “iniziativa popolare” una soglia non più di 50mila firme, ma di ben 150mila; questo rende quanto mai aleatoria l’affermazione secondo cui saranno assicurati tempi certi per esaminare tali leggi. In realtà, i “tempi certi” saranno da “definire nei regolamenti parlamentari”.
Con la modifica dell’art. 75 sarà ritenuto valido un “referendum abrogativo” se raggiungerà la maggioranza degli aventi diritto oppure, se avanzata da 800mila elettori o infine, se raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. Quindi, il quorum del 50%+1 resta tale solo se a richiedere il “referendum” sono 500mila elettori. Nel momento in cui i promotori dovessero raggiungere le 800mila firme (cioè ben il 60% in più), tale quorum si abbasserebbe, ma non è dato sapere al momento secondo quale criterio. Ciò vale a dire, di quanto realmente sarebbe minore questa quota, perché tutto dipende dal numero effettivo degli aventi diritto al voto; numero che cambia ogni anno (nuovi maggiorenni, nuove cittadinanze e altro).
Il bicameralismo non sarà superato e il Senato non verrà abolito. Semplicemente tutto sarà più confuso a causa di conflitti di competenze che si creeranno tra Stato, Regioni, Camera e nuovo Senato. Inoltre, quest’ultimo non sarà più eletto dai cittadini, ma dalle Regioni (95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e 5 senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica). Saranno i Consigli regionali e delle provincie autonome che con metodo proporzionale eleggeranno 74 senatori tra i membri dei consigli regionali e 21 sindaci.
A oggi l’art. 70 sul procedimento legislativo, conta 1 solo comma e 9 parole: “ La funzione legislativa è esercitata dalle due camere “. La versione definitiva approvata, conta 7 commi e 438 parole! Alle Camere è ancora assegnato il compito di legiferare “collettivamente” per alcune leggi e non per altre, tale differenziazione fra materie si presta a svariate interpretazioni sull’intervento del Senato o meno. Potranno quindi, avere luogo incostituzionalità per vizio di procedura. Altro che semplificazione!
La riduzione dei costi è uno slogan strumentale visto che la struttura del Senato continuerà a esserci con numerose funzioni. Non è ancora chiaro come saranno parametrate le indennità e i rimborsi spese, ricordiamo quest’ultimi; esentasse.
I promotori del Sì, con il loro tormentone: “Il Senato costa 1 miliardo” non dicono il vero. I conti (pubblicati in bilancio 2015), sono: costi per il Senato 540,5 milioni di euro, di cui il 43,2% per spese previdenziali. I costi direttamente imputabili alle competenze e rimborsi dei Senatori ammontano a meno di 80milioni di euro. Una seria politica di riduzione dei costi per i parlamentari si può fare senza andare a toccare la Costituzione!
Le province spariscono? NO. Saranno sostituite dagli “enti di area vasta” TRANNE che per le Regioni a Statuto speciale! Quest’ultime sono tra l’altro al centro di discussioni in quanto ritenute privilegiate in fatto di autonomia e nella gestione dei tributi locali.
Dopo la modifica all’articolo V, nel 2001 che dava più autonomia alle Regioni, ecco che i rapporti tra Stato e Regioni verranno di nuovo stravolti con una netta separazione di competenze. Alle Regioni saranno sottratti poteri di autonomia decisionale e grazie alla “clausola di supremazia” lo Stato potrà “su proposta del Governo”, intervenire quando prevalga la “tutela dell’interesse nazionale”. Anche in questo caso, TRANNE che per le regioni a Statuto speciale!
I 20milioni di euro che ogni anno verranno risparmiati dove saranno destinati? Questo non lo sappiamo. Di sicuro il Governo avrà ancora più mano libera in materia economica e di lavoro.
Nessun commento:
Posta un commento